LA SPLENDIDA SERATA DI COPPA UN’OCCASIONE PER RIPARTIRE

Duello Serini - Adami (foto A. Cella)
Duello Serini – Adami (foto A. Cella)

Il pallone è rotondo”, “In una partita secca può succedere di tutto”, “il calcio è imprevedibile”: quante volte abbiamo sentito questeespressioni in presenza di una finale in cui una squadra sulla carta è nettamente superiore all’altra? Tante, così come altrettante sono state le volte in cui alla fine la rotondità del pallone ha significato la perfezione del pronostico. Il Cavazzo ha vinto semplicemente perché era la squadra più forte. Punto. E l’atteggiamento di quelli dell’Arta, alla fine, è stata une delle cose più belle della serata: hanno ammesso la superiorità dei vincitori, non accampando scuse, errori arbitrali, se o ma. Che bello quando le cose vanno così! Che bello quando vedi un campo del calcio dilettantistico ribollire di passione, fremiti, emozioni nei limiti della correttezza e del rispetto: niente da dire, la finale del 2015 è stata una serata perfetta.
I venti di crisi che nelle ultime settimane hanno sferzato l’ambiente del calcio della montagna torneranno, perché una bella serata non può e non deve far dimenticare i problemi. Il Carnico ha bisogno di tante cose: migliorare il suo livello tecnico, anche a costo di sacrificare il campanile a vantaggio della qualità. Meno squadre, insomma, composte da chi ha prima di tutto voglia di giocare, perché uno dei mali del nostro campionato è proprio la mancanza di “voglia”. Da qualche anno, invece, tra gabbie, saponi, tornei di bar, borghi e frazioni, tornei di condominio e chi più ne ha più ne metta, il Carnico sta quasi diventando una parentesi fastidiosa nell’orgia di divertimenti. Il Carnico è dilettantismo allo stato puro, ma presuppone la serietà e l’impegno di chi vuole giocarlo.
IMG_1628coppaMa è chiaro che la “rinascita” del calcio deve ripartire soprattutto dalle istituzioni: dirigenti federali che si occupino di calcio e non di mettere il culo sopra una poltrona; gente che abbia voglia di migliorare il movimento e non ricercare nel calcio un punto di visibilità. E poi le società: investire sui giovani (frase abusata, magari, ma sempre d’attualità), riportare i bambini al campo, strappandoli ai computer, ai videogiochi o più semplicemente alla noia quotidiana del non fare nulla.
Ecco, la serata di Villa dovrebbe essere il sogno di ogni bambino che si avvicina al Carnico: un giorno anch’io voglio giocare di fronte ad oltre mille persone, sentire il boato della gente come negli stadi “veri”. Riprendiamocelo questo Carnico, perché in fondo tutti ne abbiamo un po’ bisogno!

Detto questo, riviviamo alcuni flash della serata: Vincenzo Radina che al fischio finale si siede in mezzo al campo per ripensare a quella punizione che non gli è entrata (e proprio in una della serate più importanti della sua carriera! …) e riceve l’omaggio dei vincitori. Angelo Dionisio (a mio avviso il miglior giocatore della stagione) che segna il gol dell’apoteosi e si aggrappa alla rete, lui che ha calcato i campi dell’Eccellenza e invece festeggia così un gol che, chissà, alla fine metterà forse tra i suoi ricordi più belli. Jozsef Negyedi, altro che ha sfiorato il calcio che conta e ora si ritrova qui, dove si è portato con sé una professionalità che fa rima con seria A e l’umiltà delle persone intelligenti. Marino Corti che esce sconfitto, ma non vinto, perché Marino è uno che il calcio lo vive con la misura dei giusti, nella vittorie e soprattutto nelle sconfitte, accettandone le regole fino in fondo.
cavazzoStefano Coradazzi, che dopo i gol col Tolmezzo in Eccellenza a Triestina e Gemonese continua nella “tradizione” di segnare quasi sempre gol in qualche modo storici. Nicola Serini, che al primo anno nel Carnico e in una sola stagione rischia di vincere tutto, raggiungendo papà Gian Pietro, grande giocatore degli anni ’80 che non ha vinto quello che avrebbe meritato in tanti anni di una carriera straordinaria. Ivan Cisotti: il migliore in campo, che dopo un quarto d’ora di “assenza” ed un rigore sbagliato ad un certo punto ha detto ”Ok, ragazzi, da adesso si fa sul serio” ed ha cominciato a sciorinare il suo calcio bello, razionale, pratico, essenziale, calcio di qualità, insomma (ma il Tolmezzo ce l’ha fatto un pensierino a questo ragazzo?). Fady Pellizzari, capitano dei viola, che … niente, semplicemente il capitano! Nicola Giarle, l’altro capitano, uno che è veloce di gamba ma che nella finale ha trovato due tipini veloci forse come, se non più, di lui (Burba e Serini) eppure non ha sbracato. Fabio Rainis, il volto triste della finale: la panchina gli ha tolto il sorriso e non poteva essere altrimenti. Italo Scherf, che magari non sarà un asso, ma si sta attrezzando a diventare il … re di coppe, viste le precedenti col Bordano. Pochi minuti in campo ma il solito sorriso e una voglia matta di far festa. E poi Pasta, Somma, Simone Cassutti, Della Schiava, D’Orlando, i giovani dell’Arta che a differenza di Radina hanno in prospettiva tante finali davanti a loro e se hanno perso la prima, pazienza.
artaE Gildo De Toni? Il vecchio “Gjldo” ha perso il conto delle finali disputate, stabilendo un record che sarà difficile da battere. Andrea De Barba, che non ha perso l’occasione per “punzecchiare” quelli dell’Ovarese, quelli, cioè, che lo scorso anno gli mandarono di traverso la festa: una t-shirt con su scritto “Dove sono quelli di Ovaro?” è uno sfottò e invito pubblicamente gli amici dell’Ovarese a non prendersela, perché Andrea non ha offeso nessuno.

Ecco, questa è stata la finale, questa è stata una bellissima serata, questo è quello che la MERAVIGLIOSA gente di Carnia sa offrire. Che dite, ragazzi, ripartiamo da qui?

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