VECCHI LEONI: SANDRO CLAPIZ

Sandro Clapiz, 60 anni, molti dei quali passati sui campi di calcio tra aree di rigore e panchine. Tra i riccioli si intravede un po’ di bianco, è vero, ma l’outfit è perfettamente quello di un qualsiasi ventenne di adesso, con piumino, jeans e un paio di scarpe da ginnastica bianche assolutamente di tendenza. Lui è uno di quelli che probabilmente non invecchieranno mai, perché sa ancora prendere la vita per il verso giusto, divertendosi a ricordare il passato e a vivere il presente in mezzo ai giovani.Infatti, ormai, ha sempre allenato qualche formazione giovanile (eccetto la parentesi con la prima squadra ad Ampezzo) costruendosi la fama di eterno secondo, ma di questo parleremo dopo.

Prima, c’è da ricordare il Clapiz calciatore, quello che ha diviso la sua carriera tra Edera, Folgore,  Villa e Ampezzo, conservando per ogni esperienza ricordi vivissimi e molto belli, in cui la componente umana è stata sempre di gran lunga più importante di quella tecnica, tanto è vero che di quegli anni più dei gol messi a segno ricorda le persone con le quali ha avuto a che fare.  Non chiedetegli quanti gol ha segnato, perché vi risponderà: “Boh, no so: senz’alto più di 100 ma non so e mi interessa relativamente. Quello che è importante è avere lasciato un buon ricordo, perché io di bei ricordi ce ne ho moltissimi”. E vediamoli allora questi ricordi …

EDERA. E’ stato il primo grande amore calcistico: lo avevano fortemente voluto Vanni Pivotti e Lucio Diana. A Enemonzo è stato 10 anni, nei quali ha costituito con Alido Concina una delle coppie d’attacco più interessanti del Carnico: Concina col 9 e lui con l’11 trasportavano terreno di gioco un’intesa perfetta anche fuori dal campo. Ma è indubbio che negli anni di Enemonzo la figura più importante è stata quella di Lucio Diana. Era stato lui a volerlo fortemente nell’Edera e Sandro, che ha perso il papà all’età di 7 anni, lo considerava un secondo padre e con lui non aveva segreti. Lo volle come testimone di nozze, a suggellare un rapporto che fu veramente profondo e che seppe resistere anche quando Sandro, dopo 9 anni di militanza, chiese di poter andar via, per cercare nuovi stimoli. Con l’Edera aveva vinto due Coppe Carnia (siglando una doppietta in entrambe le finali vinte) e di certo Lucio ci rimase male, ma capì e i due non si persero di vista. Quando Lucio morì, Sandro volle mettergli nella bara un braccialetto dell’Inter, la loro squadra del cuore, a simboleggiare un’amicizia nata nel calcio e in una fede comune, nell’Inter e nell’Edera.

FOLGORE. La cavalcata dalla Terza alla Prima è il ricordo più nitido dei cinque anni ad Invillino. Un bel risultato che stava per essere nobilitato dall’arrivo di un’altra Coppa, sfumata, però, in finale. Ad Invillino fu il rapporto col presidente Valerio Santellani e il tecnico Franco Vuan a caratterizzare il periodo trascorso in biancorosso. Santellani era un presidente particolare, nel senso che era attaccatissimo alla squadra ma aveva un carattere di difficile interpretazione. Sandro seppe conquistarlo coi sui modi diretti e genuini. L’allenatore Vuan, invece, aveva per Clapiz una stima davvero incondizionata, tanto che nella semifinale di Coppa, nonostante Sandro fosso infortunato volle farlo entrare lo stesso in campo: “Mister, non ce la faccio” gli disse Sandro. E Vuan: “Entra lo stesso; solo il fatto di vederti in campo farà preoccupare gli avversari”. La partita di Clapiz durò sì e no un paio di minuti, poi dovette arrendersi al dolore ed uscire.

VILLA. L’anno di Villa fu segnato soprattutto dal record di punti realizzati quando la squadra passò dalla Terza alla Seconda: su 44 punti disponibili, gli arancioni ne fecero 43, vincendo tutte le partite eccetto il pari per 2 a 2 con l’Ampezzo. Di quella doppia esperienza tra Folgore e Villa ricorda soprattutto il clima del derby: a Invillino è vissuto con molta più passione, più partecipazione, in una sorta di complesso di inferiorità strettamente “comunale”, perché una è frazione e l’altro, appunto, comune. A Villa si ragiona in grande, anche se in tanti anni di storia il sodalizio arancione non ha mai vinto niente: ma i dopo allenamento del venerdì erano uno spettacolo, quando squadra e dirigenti si ritrovavano per una serata a base di pane, formaggio e salame.

AMPEZZO. In biancorosso ha chiuso la carriera e di quel periodo il ricordo più nitido è il rispetto che tutto l’ambiente nutriva per quello che a suon di gol e buone prestazioni si era comunque conquistato una buona fama nel Carnico.  Da quelle parti legò molto con Giorgio Todua, che lo aveva voluto in biancorosso. L’amarezza più grande resta quella promozione sfumata all’ultima giornata, quando il Verezgnis, vincendo, superò i biancorossi conquistando il passaggio di categoria. Se ne andò da Ampezzo con la maglia biancorossa, l’ultima della sua carriera. Una maglia alla quale teneva moltissimo, ma che non ha esitato a mettere nella bara di Todua, quando Giorgio morì, ripetendo il gesto fatto nei confronti di Diana. Gesti semplici, ma importantissimi per Sandro, che nei valori dello sport ha sempre cercato di intravedere, prima di tutto, quelli umani.

Finita la carriera di calciatore ha iniziato quella di allenatore delle giovanili, dove con le varie squadre ha raggiunto 11 finali, guidando Villa, Edera e Real I.C. Ebbene, di queste 11 finali ne ha perse 9, vittima di una specie di maledizione: faceva sempre grandissime stagioni, ma poi, all’atto conclusivo, perdeva regolarmente, tradito molto spesso dai giocatori più forti che aveva in squadra. Un incubo, insomma, finito nel 2004, quando trionfò col Villa sul Real senza perdere una partita! SI parla di una festa durata tutta la notte, con un Clapiz scatenato e incontenibile!

Ma sono tanti i ricordi che lui ha lasciato in chi lo ha visto giocare: le sue punizioni sopra la barriera, i suoi sette gol direttamente dalla bandierina, quei tiri di sinistro di precisione quasi chirurgica e un paio di gol al volo realizzati col piede destro che, di solito, usava solo per camminare. Uno talmente innamorato del calcio della montagna che spesso dice: “Spero che il Carnico duri per sempre, perché davvero non saprei concepire le domeniche d’estate senza vedere una partita!” . Beh, Sandro, comunque vada il futuro del Carnico, tu ne hai scritto pagine di storia davvero importanti!

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