Seguo il Carnico dal 1977, da quando cioè venivo in vacanza da queste parti e rimasi incantato da un campionato che credo non sia esagerato definire probabilmente unico al mondo. L’ho visto con gli occhi dell’appassionato, prima, del dirigente, poi, ed infine del giornalista. In tutti questi anni ne ho sempre apprezzato la genuinità, la schiettezza, lo spirito di aggregazione, la sana competizione e perché no anche gli eccessi. Da un paio di stagioni però qualcosa non mi torna: la discussioni hanno lasciato il campo alle polemiche, le disquisizioni ai litigi ed è questo deterioramento a farmi male. Perché da metà carnico (fatto certificato dal cognome!) e non solo amo la Carnia, la sua gente e questo splendido campionato. Un ambiente del quale ho raccontato spesso le vicende agonistiche, i personaggi, i valori ed una ricchezza che si può apprezzare solo vivendola dal di dentro. Ecco, tutto questo si sta un pochino sgretolando. Io (e chi come me racconta il Carnico) vorremmo essere liberi di farlo senza sentirci accusati di parteggiare, di schierarci a favore di. Noi siamo osservatori che raccontiamo quello che vediamo: un bel gol, un bella parata, un gesto tecnico o un brutto gesto. E invece questa mattina leggendo il giornale ho appreso che il collega e amico Renato Damiani ha subito minacce telefoniche per aver riportato semplicemente uno stralcio del Comunicato Ufficiale della Figc. Non ha espresso pareri, opinioni o emesso sentenze ha fatto copia e incolla di quello che resta, comunque, un atto ufficiale. Renato scriveva in merito ai fatti di Ovarese – Cavazzo e ha semplicemente riportato, ribadisco, quanto deciso dal Giudice Sportivo. Punto. Ognuno la può pensare a suo modo sulla vicenda Gortan- De Barba (due bravi ragazzi, questo non dimentichiamocelo) ma resta una cosa di campo che magari sarà chiarita a quattro occhi dai due protagonisti. Per quella “cosa di campo” c’è stata una sentenza e la cosa doveva finire lì. Punto. Damiani da anni scrive di calcio, può essere bravo per qualcuno, meno per qualche altro, simpatico, antipatico e tutto quello che si vuole. Ma non può anzi non DEVE sentirsi minacciato per aver fatto il suo lavoro, che è quello di raccontare e di informare. Non lo sto difendendo, non ha bisogno di avvocati, figuriamoci. Vorrei esprimergli invece tutta la mia solidarietà ed il senso della mia amicizia, perché questa mattina, parlandoci, l’ho sentito veramente amareggiato. Non per le critiche (quelle si accettano sempre, anzi sono quelle che ci fanno crescere) ma per le minacce. Ho provato a dare un significato alla sua amarezza e alla sua delusione e , per un momento, ho avvertito,forte, il desiderio di non fare più niente, di mollare tutto. Perché io amo la Carnia, la sua gente ed il suo campionato. Ma voglio continuare a raccontarlo con serenità, discutendo con interlocutori che non si nascondano dietro ad una cornetta telefonica o una lettera anonima. Riprendiamoci il Carnico. Quello vero. Quello nostro.