Ci siamo! Sabato28 aprile, parte il campionato Carnico. Compie 68 anni il nostro campionato eppure ogni volta che sta per ricominciare riesce a regalare emozioni nuove. Le frasi che ne accompagnano l’inizio a volte saranno retoriche, a volte potranno apparire esagerate, ma se uno prova a guardarsi intorno scopre che poche cose, in Carnia, ne possiedono la vitalità, la capacità di essere sempre diverso pur senza rinnovarsi e la forza di coinvolgimento che questo evento riesce a trasmettere. Il nostro sito, la radio, i giornali sono la parte più visibile, la punta di un iceberg che contiene discussioni nei bar o nei posti di lavoro. Perché il Carnico (e non mi stancherò mai di ripeterlo) rimane un fatto sociale e come tutti i fatti sociali ha i suoi picchi e i suoi abissi, ma bello, bello perché è “fatto” da uomini e dalle loro storie. Amicizie, litigi, rapporti che si rompono, magari, per un fallo duro o un fuorigioco non visto dai quali nascono discussioni infinite. Il livello tecnico? E’ il ritornello tirato in ballo dai detrattori, da quelli che vogliono screditare un movimento che racchiude in sé bellezza e organizzazione, talenti sprecati e un’occasione per tutti. I campi verdi, i chioschi, la partecipazione, eccole le realtà sulle quali si dovrebbe discutere. E poi chissà perché, in un calcio dove la tecnica si è impoverita a tutti i livelli il nostro Carnico dovrebbe esprimere fenomeni? Personalmente, al contrario, ritengo che la competizione sia cresciuta, e di molto, sul piano dell’organizzazione di gioco, la tattica e la preparazione fisica. Anche nel Carnico, insomma, se non sei allenato e a posto fisicamente, fai fatica. Un plauso particolare mi sento di rivolgere agli allenatori che spesso sono costretti a fare allenamenti con pochi giocatori (ragazzi, la gente lavora!) eppure portano avanti discorsi importanti: i giri di campo, le marcature ad uomo, la “bale lungje e pedalà” appartengono ad una generazione che non c’è più. Una generazione che però aveva compreso il momento storico di uno sport che in quel periodo andava bene così, ma poi si è evoluto con la preparazione fisica sempre più mirata e gli accorgimenti tattici per sopperire al generale impoverimento tecnico. E a quelli che dicono “devono giocare i giovani”, cosa possiamo dire? Sì, hanno ragione, ma quali giovani? Il decremento demografico è un dato statisticamente oggettivo, così come oggettiva è l’offerta più ampia di tanti sport che frammentano l’esercito di potenziali calciatori, indirizzandone un numero sempre maggiore verso altre discipline. Poi,ognuno può dire la sua, ci mancherebbe. Buon Carnico a tutti, allora