Quella finale di Coppa Carnia, sfuggita a pochi secondi dal 90’ probabilmente avrà lasciato u po’ di amaro in bocca a Claudio Carnelutti, allenatore del Castello. Ci credeva “Claudiut”, a dispetto di un pronostico che voleva la sua squadra vittima sacrificale del mostro – Cavazzo. Ma figuriamoci se uno come lui gliela dava vinta senza provare a farcela! Del resto, le sfide difficili lo hanno sempre affascinato, sollecitandone l’orgoglio e quel pizzico di ambizione che nella vita serve per vincere la mediocrità. Le sue sfide difficili iniziarono nel primo Castello, nel quale Claudio faceva il centrale di difesa; difensore non certo straordinario ma assolutamente nella media. E il bello è che del calcio Claudio iniziò ad interessarsi non proprio giovanissimo. Una passione improvvisa che però seppe coinvolgerlo totalmente, tanto che dai campi verdi non si è ancora allontanato. Quella squadra ottenne brillanti promozioni, ma fu soprattutto il banco di prova molto importante per molti, tra dirigenti e giocatori, che poi approdarono alla Gemonese. Con la partenza di tanti personaggi eccellenti, quel Castello fu destinato a scomparire e il suo posto, nel panorama pedemontano del Carnico fu preso dallo Stalis. Ma il compianto Max Zulian, Mirco Carnelutti e Loris Gregorutti stavano lavorando per far rinascere il Castello. Del progetto, naturalmente, faceva parte anche Claudio al quale, evidentemente, venne naturale affidare la panchina. Quella grinta, quella voglia di provarci sempre, di partire ogni volta da zero apparvero le doti ideali per un tecnico di una squadra appena nata. Via lo Stalis, quindi, e riecco il Castello! Non senza qualche polemica, naturalmente. Polemica che però non intaccò minimamente la voglia di Claudio di mettersi all’opera. Aldilà delle convinzioni tattiche, che Claudio è in grado di “adattare” ai giocatori che ha a disposizione, quello che colpisce è la sua testardaggine (nel senso positivo della parola): quando ha un’idea la difende fino in fondo a costo di voler sempre aver ragione anche quando non ce l’ha! Però è uno che sul campo non si risparmia: l’impegno e la passione accompagnano da sempre il suo lavoro, nel quale ha trovato in suo fratello Mirco un prezioso alleato. Dal punto di vista calcistico il feeling tra i due è eccezionale, di gran lunga superiore a quello che ne caratterizza i rapporti nella vita. Miracoli del calcio! A proposito di famiglia, la sua è composta dalla moglie Anna e la figlia Stefania, assolutamente a digiuno di vicende calcistiche. E poi c’è Simone l’altro figlio, attaccante sfortunato, cui il destino non ha riservato quanto promesso in gioventù. Faceva parte del settore giovanile della Gemonese dal quale sono usciti Madile, Ivano Picco, Zanon e Di Gianantonio, protagonisti nel nostro campionato. Il rapporto con Simone è ottimo. Simone dice che è molto più facile per lui fare il figlio che non per Claudio fare il padre e in questa frase si coglie molto della correttezza del tecnico, che non fa favoritismi: suo figlio il posto in squadra se lo deve sudare, insomma. La cosa strana è che nel Carnico Simone ha realizzato solo un gol: successe a Ravascletto, 2 anni fa. Sarebbe stato bello immaginare la scena del figlio che corre ad abbracciare il padre in panchina … E invece, niente di tutto questo perché Claudio era squalificato! Una cosa che succedeva abbastanza spesso: del resto lui è uno che non le manda a dire e, come si diceva, quando pensa di aver ragione non c’è niente che possa fermarlo. Ultimamente, dobbiamo dire, che le squalifiche sono diminuite: forse perché non arbitrano più Stefanutti e Sacchetto, due direttori di gara con i quali ha avuto ogni tanto qualche storia tesa … Per noi giornalisti non è certo il tipo di allenatore che preferiamo. Motivo? E’ praticamente impossibile intervistarlo nel dopo partita: non è un problema di vittoria o sconfitta, alla fine di un match sta male fisicamente e solo dopo un’oretta torna sé stesso. Per la verità, ci sono stati casi in cui però la delusione è stata dura da smaltire: l’anno che il Castello retrocesse dalla Prima, in casa hanno dovuto aspettare 5 giorni per risentire la sua voce! Il suo giocatore preferito? Mapelli. Il suo rimpianto più grande? Schiratti. Per la squadra una grande perdita e poi anche il dispiacere per come si è concluso il rapporto, perché Claudio è uno ruvido, magari, uno che difficilmente si lascia andare, però nei rapporti umani ci crede molto. La delusione per l’eliminazione in Coppa, invece, l’ha assorbita bene: ha capito e lo hanno capito anche i suoi giocatori di essere davvero usciti a testa alta, di aver fatto fino in fondo il loro dovere. Tanto è vero che Claudio, il giorno dopo, ha mandato un messaggino ad ognuno dei suoi giocatori, per ringraziarli. Il risultato si è visto poi la domenica successiva, quando il Castello ha battuto nettamente l’Amaro. Con l’… amaro di solito si chiude ed invece proprio dall’Amaro è ripartita la rincorsa ad uno dei tre posti promozione. Se la Coppa, insomma, è stata un sogno infranto, la promozione potrebbe essere il premio giusto per un allenatore testardo, che vuole sempre avere ragione, a volte scontroso, spesso taciturno ma in gamba, davvero in gamba. In bocca la lupo, “Claudiut”!