E beh, caro Eligio, dovevi aspettartelo! Tu non puoi intervenire nel momento clou di “A tutto Carnico” e dire “ … questo è il mio ultimo anno in radio, saluto e ringrazio tutti …” e tutte altre le belle parole che hai detto, ricordando, con quella sensibilità che ti appartiene, anche chi non c’è più. Per quei pochi (ma ce ne saranno?) che non avessero capito, l’Eligio in questione è Eligio Nassivera. Lui è forse il personaggio indicato per questa rubrica, perché il Carnico l’ha vissuto prima da giocatore, poi da dirigente ed infine da commentatore. Una vita sui campi, insomma, oppure ai bordi degli stessi. Dove una volta parava (è stato un discreto portiere, il nostro Eligio) e qualche anno dopo raccontava calcio. Eh sì, perché, Eligio il calcio non lo commenta, lo racconta. Ci vuole una predisposizione d’animo particolare, quella che hanno dentro i poeti, non per professione, ma semplicemente per passione. Eligio ha scritto molte poesie, raccontando nei suoi versi, il proprio territorio, la propria voglia di vivere di palpiti ed emozioni: il volto di una donna che non si dimentica, quello di una donna che si sarebbe voluto amare o magari anche solo incontrare. E poi Forni di Sotto, la Carnia, i suoi amici, i suoi silenzi, i suoi tanti cani. Mille modi di dar sfogo ad una delicata sensibilità, dal cuore alla penna in un continuo andata e ritorno. E così quando domenica scorsa hai dato questa notizia non ce lo aspettavamo proprio. Da uno così discreto e delicato come lui ci saremmo aspettati, che so, una lettera di commiato, un messaggio appena sussurrato, ed invece il suo saluto è stato fragoroso. Hai voluto stupirci, Eligio, mostrarci un altro lato del tuo carattere. Sappiamo che ti rivedremo sui campi, con qui baffoni bianchi e qualcuno dei tuoi improbabili cappelli. Ma non ti sentiremo più dire, all’inizio di ogni radiocronaca: “Ho appena parlato con i due allenatori …”, quasi a “giustificare” qualche scelta di quelle formazioni che ti avevano appena comunicato. E poi l’immancabile finale “Albitro dell’incontro Fabris della Federazione di Tolmezzo”, una frase che conteneva un’imperfezione grammaticale (si dice ARBITRO, Eligio, ARBITRO) e un’altra “istituzionale”, perché gli albitri (pardon, arbitri) hanno una sezione, non una federazione. Però, dai, Eligio, questi non sono errori, ma semplicemente … licenze poetiche che, tra tutti noi cronisti, solo tu ti puoi permettere. E ci mancherà anche quel vezzo da gentiluomo quando davi la linea ad una collega. A noi ci chiamavi tutti per cognome a loro, “donna Francesca”, “donna Rosella”. La classe non è acqua e certe cose vengono in mente solo a quelli come te … E del Cedarchis che diventa Cedarcis, cosa ci dici, Eligio? Storpiare il nome della società più titolata del Carnico è un privilegio consentito solo a te … Ecco, adesso, dicci, che radiocronache ci aspettano, senza qui tuoi “Pronto”, quel modo tutto tuo di raccontare un gol, un’azione o una parata? Sei stato un artista anche in questo, perché davvero “vedevi” poesia anche in 22 energumeni che corrono dietro a un pallone. Volevo scriverti tante cose, Eligio, rispettando i canoni di questa rubrica, nella quale, di solito, vado per le lunghe. Mi rendo conto, invece, che così le parole che ho speso sono davvero poche. Al contrario, per essere una poesia, invece, sono decisamente troppe. Quelle, le poesie, è meglio che le scrivi tu.