VECCHI LEONI: MANUELE FERRARI

foto-1Manuele Ferrari nasce in Canada nel 1962: è lì, infatti, che papà Lino e mamma Carmen andarono a lavorare. Una storia di emigranti, come ce ne furono tante alla fine degli anni Cinquanta. Il soggiorno nella terra che è al secondo posto per estensione dopo la Russia dura per lui solo 4 anni, visto che nel 1966 la famiglia Ferrari decise di tornare in Italia, a Forni Avoltri. Qui il giovane Manuele iniziò da subito ad appassionarsi di sport, calcio e sci, per la precisione, discipline nelle quali il nostro diede dimostrazione di cavarsela in maniera più che egregia. In quegli anni era possibile coniugare le due attività: il calendario era meno fitto di impegni e così sci d’inverno e pallone d’estate, senza soluzione di continuità. La prima squadra è naturalmente l’Ardita: dai pulcini alla prima squadra, dove sa crearsi un ottimo rapporto con tutti i compagni di squadra. L’amico più vero è Angelo Eder col quale instaura un rapporto quasi fraterno: ci pensa il destino, però, a dividerli, quel destino che nell’ottobre del 1988 decide di portarsi via Angelo, vittima di un incidente sul lavoro. Per Manuele è una botta tremende: girare per il paese e non vedere più l’amico è una cosa che fa troppo male. E il solo pensiero di tornare al campo nella primavera successiva per l’inizio della nuova stagione agonistica non lo vuole nemmeno accettare: i due amici hanno condiviso troppe cose fuori e dentro quel rettangolo verde, fuori e dentro dei muri dello spogliatoio e lui tutto questo non riesce proprio a superarlo. Insieme avevano vissuto anche l’esperienza al Cedarchis ed insieme avevano deciso di tornare a Forni: senza Angelo si sentiva troppo solo. Meglio cambiare ambiente: va ad Ovaro dove vivrà da protagonista lo scudetto del 1989. Ma il richiamo del proprio paese è troppo forte e così viaggio di ritorno, si torna all’Ardita, quell’Ardita che nel 1991 vinse un’incredibile Coppa Carnia, battendo il favoritissimo Paluzza nella finale di Ovaro. Poi ancora due esperienze, con la maglia della Velox e infine chiusura di carriera a Forni di Sotto, per fare un favore all’amico e collega Luca Craighero, chiamato ad allenare l’Audax. Che giocatore è stato Manuele Ferrari? Il classico centravanti vecchio stampo, uno di quelli che in area di rigore si muovono come nel salotto di casa, grazie ad una tecnica discreta, grande coraggio, fiuto del gol , uso di entrambi i piedi (meglio il destro, però) e poi il pezzo pregiato, il colpo di testa. Riteniamo Ferrari, probabilmente, il giocatore più forte nel gioco aereo di tutta la storia del Carnico. Tanti gol, distribuiti in una carriera lunga e dispendiosa, col record di segnature in una sola partita: 9 palloni infilati nella porta avversaria in un’Ardita – Sauris del 1986, stagione al termine della quale segnò la bellezza di 41 reti, più una in una gara di spareggio. Una vicenda agonistica, la sua, caratterizzata da una passione smisurata ed anche dalla fortuna di non aver subito gravi infortuni. La passione è testimoniata dal viaggio Roma – Carnia – Roma compiuto dal sabato pomeriggio alla successiva domenica notte: lui era a Roma per un corso allenatori e l’Oavrese, quella domenica, era impegnata in una sfida cruciale a Sutrio. Figuriamoci se Manuele voleva perdersela: saltò sul primo treno utile per Udine, dove arrivò sabato sera. Ad attenderlo c’era il presidente Rinaldo Beorchia che lo portò in Carnia. La domenica pomeriggio, doppietta decisiva ad Ermes Straulino e poi via, di corsa, verso Udine, con Beorchia sempre nelle vesti di taxista: una notte di viaggio e la mattina l’arrivo nella capitale, dove riprese il corso. L’unico infortunio serio, invece, glielo procurò il suo amico Luca Carighero. Manuele lo aveva chiamato per giocare come prestito con l’Ardita nel torneo di Ovaro: i due, avventandosi su un pallone al limite dell’area, si scontrano e Manuele è costretto a uscire per una botta al volto. A fine partita, nel canonico terzo tempo, pastasciutta e formaggio: Manuele fa un po’ di fatica a mangiare la pasta, mentre il formaggio proprio non ce la fa. Si rivolge a Geremia Gonano e gli fa: “Gere, devo aver rotto la mandibola”. “Va mo va – rispose Gonano – ha pur mangiato la pasta. Stai tranquillo, non è rotta”. Diagnosi: frattura della mandibola, con buona pace del Gere. Più rapido fu invece il recupero quando si ruppe il naso: operato di martedì, il venerdì usci dall’ospedale e la domenica si presentò al campo per Ancora – Ardita. Quella volta non esistevano le maschere protettive e nel secondo tempo una pallonata lo colpì proprio al naso mandandolo ko. La domenica dopo, per, era di nuovo con la maglia numero 9.

Buoni risultati li ha ottenuti anche in campo politico: lì le cose non iniziarono nel migliore dei modi. La prima volta che si presentò in una lista per le comunali ottenne il maggior numero di voti ma vinse l’altra lista. Manuele che ci teneva molto, alla fine era molto deluso, ma una frase di papà Lino si rivelò profetica. Vedendolo deluso gli disse solo: “Figliolo, ricordati che il primo giorno, in montagna, non si fa latte …”. E così fu, perché in seguito, di latte, Manuele, ne ha fatto abbastanza: vice sindaco per 5 anni, poi sindaco per 10 ed attualmente vice sindaco. Senza dimenticare il mandato di presidente della Fisi regionale ed ora quello di presidente provinciale. Nel frattempo due unioni: la prima, dalla quale è nata Giulia, e poi quella con Michela, che gli ha dato un centrocampista (Gianluca) ed un portiere (Manuel) per l’Ardita. Quando parla di Carnico sprizza entusiasmo da tutti i pori, anche se ultimamente, dall’ambiente del Carnico, gli è arrivata una grande delusione. Interpellato per fare il delegato per il Comitato di Tolmezzo aveva dato la propria disponibilità. Sembrava fatta, ormai, poi, all’improvviso, non se ne fece più niente e lui si domanda ancora il perché …

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